Il concime è un mezzo tecnico utilizzato in agricoltura e nel vivaismo per aumentare la disponibilità di elementi nutritivi utili alle piante coltivate.
Concimare è un’operazione che – se svolta in maniera equilibrata e seguendo attentamente le indicazioni dei singoli prodotti – può intensificare la produzione e migliorare la qualità delle coltivazioni su svariati fronti:
- dal punto di vista della conservabilità;
- dal punto di vista sanitario;
- sotto un aspetto nutrizionale.
Concimare risulta essere è un’attività essenziale sia per la coltivazione in pieno campo, specie se i terreni risultano sfruttati o stressati, e sia per le coltivazioni in vaso nei vivai.
In sintesi, la concimazione può essere divisa in diverse tipologie principali, sulla base di quando e come si realizza:
- concimazione di fondo;
- concimazione di copertura;
- fertirrigazione;
- concimazione fogliare.
Il concime da scegliere varia non solo in base al tipo di pianta coltivata ma anche in base al periodo in cui si deve concimare.
Applicazione liquida o al terreno?
Oggi è sempre più importante scegliere in maniera consapevole il metodo di applicazione e il tipo di concime da impiegare. L’obiettivo, infatti, è migliorare l’efficienza d’uso dei nutrienti apportati e ridurre al contempo l’impatto ambientale.
In questo articolo puntiamo i riflettori sul metodo di concimazione.
Sostanzialmente infatti si possono suddividere i concimi in due grandi famiglie, in base a come si applicano:
- l’applicazione al terreno, prevede l’uso di concimi granulari, microgranulari e pellettati;
- l’applicazione in forma liquida, implica l’utilizzo di concimi idrosolubili e liquidi.
Vediamo insieme vantaggi e svantaggi di ogni metodo di applicazione.
Concimi granulari VS concimi idrosolubili
Partiamo dai concimi granulari per applicazioni al terreno, che hanno diversi vantaggi.
In particolare sono consigliabili perché:
- sono facili da applicare;
- rilasciano gli elementi nutrivi gradualmente;
- consentono una distribuzione uniforme sulla superficie;
- permettono interventi localizzati.
Ma non bisogna dimenticare l’altro lato della medaglia, ossia gli svantaggi.
Tra i più impattanti ricordiamo:
- un maggior rischio di lisciviazione e di immobilizzazione;
- un maggior calpestamento del terreno con le macchine agricole;
- un’efficienza compresa tra il 30 e il 70% sul volume distribuito, in funzione dell’elemento.
I concimi idrosolubili – cioè quelli da applicare attraverso la fertirrigazione – sono invece vantaggiosi perché:
- permettono l’applicazione localizzata sulle foglie o sul terreno;
- hanno un miglior frazionamento dei nutrienti;
- i costi di manodopera sono inferiori, non richiedendo lavorazioni;
- sono facili e pratici da dosare e applicare;
- si verifica un minor calpestamento del terreno;
- permettono interventi rapidi in caso di carenze nutrizionali.
Tuttavia, i concimi idrosolubili presentano anch’essi alcune criticità.
In particolare due, e cioè:
- necessitano di un impianto di irrigazione specifico o di una irroratrice fogliare;
- gli operatori devono avere una competenza tecnica maggiore.
Qual è allora la scelta giusta?
Se la domanda sorge spontanea, la risposta in realtà non è altrettanto immediata.
Non esiste, infatti, una ricetta univoca, una scelta in assoluto migliore o peggiore.
Quasi tutto dipende dalle necessità e dalle condizioni del coltivatore.
Da un punto di vista nutritivo, non si può infatti dire che un concime liquido sia migliore di uno solido, o viceversa.
Le differenze tra fertirrigazione e concimazione solida si giocano sul modo in cui il concime viene distribuito e su come viene assorbito dalla pianta.
La scelta più opportuna, dunque, è quella che tiene conto dei vantaggi e degli svantaggi applicativi sopra elencati e che, in generale, si adatta maggiormente alle singole esigenze della pianta e dell’agricoltore.
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